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Che giorno è?

Suona la sveglia, mi riprendo bene e velocemente. Dalla luce che entra dall'abbaìno sembra essere una bella giornata. Mi alzo, mi stiro, non inciampo nel letto, trovo le ciabatte al primo colpo, senza sentire il pavimento gelido.

Suona la sveglia, mi riprendo bene e velocemente. Dalla luce che entra dall'abbaìno sembra essere una bella giornata. Mi alzo, mi stiro, non inciampo nel letto, trovo le ciabatte al primo colpo, senza sentire il pavimento gelido. Scendo le scale del soppalco senza far cadere nulla di tutto quello che solitamente appoggio in attesa di lettura, sembra incredibile, neppure un imprevisto, sono perfetto sulla tabella di marcia.

L'acqua calda della doccia è alla temperatura giusta  così come l’ho aperta; riesco a radermi senza neppure un graffio. Apro l'armadio e la camicia che immaginavo è la prima a capitarmi tra le mani. Quando la vedo penso alla cravatta che ci vorrebbe e, sfilando i pantaloni del vestito dalla stampella, magicamente faccio scivolare la cravatta perfetta, senza volerlo, quella che avrei dovuto cercare e che prendo al volo.

Mi vesto, sembra tutto a posto. Ancora uno sguardo al tavolo per vedere se ho preso tutto: pare di sì. Ultimo ostacolo da superare prima di uscire di casa è chiudere il trolley, con quella chiusura così sicura da imbarazzare anche il legittimo proprietario. Un colpo deciso e la valigia si chiude da sé, come automatizzata. Posso andare, arrivo al pianerottolo e c'è già l'ascensore che mi aspetta. Neanche un'imperfezione, un laccio delle scarpe che cede all'ultimo, una macchietta non vista, tutto perfetto. Ho il treno tra mezz'ora e in dieci minuti sono alla stazione, ho già i biglietti. Scendo in strada, è fresco ma non troppo, mi incammino verso la stazione accompagnato dal suono delle sempre più tecnologiche ruotine della nostra casa da viaggio che ci tiriamo dietro come un cagnolino al guinzaglio.

Vedo  resti della serata appena trascorsa per strada, qualche animale in cerca di angoli per i bisogni, prima che i commercianti aprano i negozi e glielo impediscano. Devo solamente più obliterare i biglietti, devo ricordarmi.

Guardo passare un tram e mi chiedo a che ora avrà iniziato a lavorare il suo manovratore. Un bambino dorme con la faccia appiccicata al finestrino e penso a quanto sia beato quel bimbo, seppur inconsapevole di quanto dovrebbe apprezzare tal leggerezza.

Rientro in me, la stazione è dall'altro lato della strada.

Attraverso e in un attimo succede il finimondo. Il mio trolley tecnologico, saltellando sulla rotaia del tram, ha pensato bene di aprirsi automaticamente come si era chiuso, però alla velocità della luce cosicché tutto l'ordine che vi era riposto all'interno presto prese le sembianze un'esplosione. Mentre mi chino per raccogliere quello che era a portata di mano mi accorgo che mi cade dal taschino della giacca il "Pass" per l'appuntamento a cui mi stavo recando. E' a un metro e mezzo da me e nelle orecchie risuona la vocina sentita pochi giorni prima al telefono che si raccomandava di avere cura di quel pass, era importantissimo, lo sapevo. Preoccupato che si potesse sporcare mi rispondevo ossessivamente: "E' plastificato! E' plastificato! E' plastificato!" per cercare di tranquillizzarmi. Passa un taxi. Genera un vento. Il mio pass è perduto, in un tombino a griglia di chissà che cosa. E ancora le vocine..."E' plastificato", "Mi raccomando, lo conservi con cura perché è insostituibile", lo sapevo.

In un attimo il gelo, che fare? Guardo nel tombino ed è tutto buio, non si vede il fondo, né il mio fondamentale pass. Intanto vengo colto da una sorta di amnesia...ma dove dovevo andare? A Milano, sì, ma a far cosa? Vengo distratto da un forte "clack". Si è riaperta la valigia, da sola, è esplosa come se avesse avuto dentro la dinamite. Mi spavento, nessuno vede la scena, non capisco cos’è successo. Dopo il polverone generato dallo scoppio mi ricordo del pass. Mi giro verso il tombino e lo vedo appoggiato dov'era prima che passasse quel povero taxi che sicuramente avrà già avuto un imprevisto a causa delle mie involontarie ma pesanti maledizioni. Non ci credo, non è lui...eppure sì, lo raccolgo, gli tolgo la polvere ed è perfetto. Non mi importa neanche più nulla della valigia e di cosa possa aver causato quello scoppio. Sono tutto fiero di me quando ad un tratto mi accorgo che il pass non è il mio. Però curiosamente conosco quel nome. Mi dice qualcosa. Ma certo, è uno dei miei pseudonimi. Ma come faceva ad essere scritto lì sopra? E il pass con il mio vero nome era ancora nel tombino? Mi rigiro, un altro pass in terra, stesso posto. Incredulo e sbigottito lo raccolgo. C'è il nome di mia cognata. Impossibile, lo giro e rigiro e c'è il nome di mio fratello. Inizio ad agitarmi, non capisco cosa  succede, sarà un sogno? Eppure sono sveglio, anche se molto stanco e confuso. Provo a dormire, dove capita. Una panchina va benissimo. Mi sdraio e in un attimo mi riaddormento. Poi mi risveglio, sono a casa, la sveglia non ha suonato, fuori piove, si sente il rumore. Mi alzo intontito e velocemente, picchio col mignolo del piede nello spigolo del letto e non capisco quanto sono in ritardo ma sono sicuro che per l'intensità del male che provo non sto sognando.

Scendo la scala del soppalco e scivolo sulle cose da leggere, mi graffio e, per tenermi in equilibrio, butto una mano sul tavolo rompendo un gran bel bicchiere, vuotandone i resti sul vestito tirato fuori di sera per averlo a portata di mano. Ci siamo, è lunedì.

 

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